Lo stress traumatico nelle forze dell’ordine

Lo stress traumatico rappresenta un rischio specifico per gli operatori di polizia, dato il loro stretto contatto con eventi che hanno a che fare con la morte o il rischio di morte da causa violenta, per loro stessi o per altri, rispetto alla generalità degli altri lavoratori.
Questa particolare forma di stress è innescata da eventi cosiddetti “critici”, in quanto in grado di sconvolgere le capacità di adattamento dell’individuo che pertanto sperimenta un profondo sentimento di vulnerabilità ed una devastante sensazione di perdita di controllo sulla realtà.
Alcuni esempi:
– disastri naturali o provocati dall’uomo
– gravi incidenti automobilistici
– aggressioni personali violente
– suicidio di terzi significativi
– essere presi in ostaggio o rapiti
– diagnosi di malattie minacciose per la vita a carico del soggetto o stretti familiari

Caratteristiche degli eventi critici:
– sono improvvisi ed inaspettati
– travolgono la nostra sensazione di controllo della realtà
– comportano la percezione di una minaccia potenzialmente mortale
– possono causare perdite fisiche e/o emotive

– violano i presupposti su come pensiamo funzioni il mondo:
“Questa cosa non doveva accadere”
“Le cose brutte non capitano a me”
“Il mondo è prevedibile, giusto e controllabile, ed io ne ho il controllo”
“Alle brave persone non capitano brutte cose”
“Non doveva capitarmi ancora questo, dopo tutto quello che ho già passato”

Eventi critici  professionali (o di servizio)
Vengono definiti così quelli a cui sono esposti più tipicamente gli appartenenti a particolari categorie lavorative a ragione della loro specifica attività.

Per coloro che svolgono  il loro servizio nell’ambito dei comparti sicurezza/giustizia si possono delineare gli scenari più diversi ed imprevedibili, di cui i successivi rappresentano solo alcune esemplificazioni

a) esempi di eventi vissuti direttamente:
– conflitti a fuoco in cui uno o più operatori, o altri soggetti(criminali o terzi) siano rimasti feriti o uccisi
– aggressione violenta subita in ordine pubblico,  nel corso di un intervento per una lite, di una rivolta, di un tentativo di evasione
– attentati in qualità di vittima generica o specifica per l’attività istituzionale svolta
– essere presi in ostaggio durante una rapina, un’azione terroristica, una rivolta, un tentativo di evasione
– gravi incidenti in quanto equipaggio di un mezzo di servizio
– ricevere gravissime minacce personali a motivo del proprio ruolo di tutore della legge
– incarceramento conseguente a fatti di servizio

b) esempi di eventi vissuti a causa di un intervento di servizio:
– in caso di gravi incidenti stradali
– in qualità di soccorritori in occasione di disastri naturali o provocati dall’uomo
– in caso di suicidio o tentato suicidio messo in atto da un collega o da criminali in custodia
– in caso di gravi incidenti o lesioni subite da colleghi per cui si sia prestata assistenza diretta
– in caso d’intervento su scenari in cui uno o più operatori o altri soggetti (criminali o terzi) siano rimasti feriti o uccisi

c)esempi di eventi vissuti per confronto emotivo:
– venire a conoscenza della morte violenta per servizio o per gesto suicidario di colleghi a cui si era legati da rapporti di amicizia
– venire a conoscenza di gravi minacce rivolte a membri della propria famiglia o di aggressioni personali violente subite dagli stessi per l’attività istituzionale svolta dal congiunto
– venire a conoscenza di gravi abusi subiti da minori nel corso di indagini che includono il contatto con le vittime
– comunicare la morte di un collega avvenuta in servizio alle persone care.

Dopo aver sperimentato uno degli eventi sopradescritti, l’operatore di polizia può manifestare scarse reazioni o una sintomatologia più vivace, riconducibile alle varie manifestazioni del distress già trattate ed a cui si rimanda – in particolare, irritabilità e disturbi del sonno – oltre a flashback, pensieri intrusivi, ottundimento emotivo, aumento della sensazione di pericolo, “marchio di caino”(credere erroneamente che tutti sanno ciò che è avvenuto e che l’operatore vive con senso di colpa o vergogna). Queste possono essere considerato reazioni normali ad eventi anormali, e generalmente tendono spontaneamente e progressivamente a diminuire, fino a scomparire nell’arco di alcune settimane dall’episodio vissuto.

La condivisione emotiva dell’evento con famigliari, amici e colleghi, insieme ad una idonea igiene di vita e di lavoro nel periodo successivo all’esperienza traumatica, sono fondamentali elementi in grado di accelerare la “guarigione” ed il ripristino  di un buon equilibrio personale e sociale.

Alcuni invece, ed in particolare quelli che evitano di consapevolizzare ed affrontare le loro reazioni emotive, possono trovarsi a rivivere il loro trauma con intensità sempre maggiore, fino a credere che niente si risolva durante le prime settimane dopo l’incidente, ma che anzi le cose si aggravino sempre di più.

Un operatore di polizia che ha vissuto un evento critico dovrebbe cercare e ricevere un aiuto professionale se le reazioni seguenti perdurano per più di un mese ad un livello che peggiora significativamente il proprio grado di funzionamento precedente l’evento:
–  immagini intrusive: ricordi e pensieri disturbanti, incubi, flashback;
–  disturbi marcati in caso di esposizione ad eventi che somigliano o simboleggiano l’incidente vissuto (es. per un soggetto vittima di aggressione di gruppo vedere persone assembrate);
–  evitamento di pensieri ed emozioni relative all’evento, o di attività o situazioni che sollecitano ricordi del trauma (es. non riuscire ad andare più alla Posta o in Banca se l’evento è avvenuto in uno di quei luoghi);
–  ottundimento o gamma ristretta di risposte emotive (che vengono vissuti come un’amputazione della propria personalità e identità);
–  reazioni eccessive di stress;
–  ipervigilanza(eccessiva attivazione attenzionale a segnali di potenziale pericolo);
–  reazioni scarse o molto intense, propensione al rischio (in ambito lavorativo, sportivo, sessuale, ecc.);
–  aumento dell’irritabilità, della rabbia o dell’ira (“nessuno si sforza di capirmi, tutti si fanno i fatti loro”, “come fa a vivere così stupidamente questa massa di imbecilli?”);
–  ossessioni relative all’incidente, facile innesco di pensieri sull’evento, il soggetto sembra bloccato nel passato ed ha difficoltà a considerare il futuro (come se il tempo si fosse fermato);
–  l’evento attuale innesca sensazioni spiacevoli associate ad eventi passati(il prestare soccorso ad un bambino traumatizzato “aggancia” il ricordo della morte per incidente stradale di un compagno di scuola);
–  l’impatto emotivo accumulato di vecchie e nuove situazioni, appare così sconvolgente che la capacità di gestire efficacemente qualsiasi evento sembra assente o gravemente menomata;
–  senso di colpa, dubbi e convinzioni negative su sé stessi, sensazioni di inadeguatezza, Rimuginamento su errori percepiti;
–  senso crescente di isolamento: “nessuno capisce quello che provo… mi sento perduto, abbandonato e diverso dagli altri”;
–  sensazioni intense o continue di depressione, dolore, perdita di controllo;
–  confusione mentale: facilità a distrarsi, difficoltà di concentrazione o di prendere decisioni, scarsa capacità di giudizio;
–  aumento della diffidenza e della sospettosità nei rapporti con gli altri;
– problemi di relazioni interpersonali, allontanamento dagli altri, conflitti coniugali e familiari, aumento delle difficoltà nei rapporti con colleghi/superiori/collaboratori/utenti;

o se manifesta:
– marcata e progressiva riduzione del rendimento sul lavoro, cronico aumento dell’assenteismo, burn-out (sentirsi bruciati, fusi, esauriti ed ostili nei confronti dei cittadini), diminuzione della produttività e della qualità del lavoro;
– comportamento autodistruttivo: abuso di sostanze, fumo, caffè, alcool; incidenti, scarsa capacità di giudizio e decisioni inadeguate;
– pensieri suicidi, che possono presentarsi sulla base di sentimenti di depressione, colpa, disperazione e rabbia nei confronti di sé stessi (ricordarsi che in casi eccezionali vi può essere il passaggio a gesti autolesivi).

Un poliziotto potrebbe evidenziare poche o lievi reazioni iniziali all’evento, ma esse vengono innescate alcuni mesi più tardi, quando per esempio rientra nell’ambiente lavorativo dopo un periodo di malattia per le sequele fisiche riportate.

In questi casi si rende necessario un aiuto professionale da parte di psicologi e/o psichiatri esperti nel campo dello stress traumatico, eventualmente coadiuvati da “Pari”: colleghi appositamente formati che hanno, nel passato vissuto e superato eventi professionali simili, i quali con la loro presenza vissuta come autentica offerta di aiuto, riescono a superare la diffidenza che gli operatori di polizia nutrono per i professionisti della salute mentale.

Questa figura di supporto, già da tempo sperimentata in molti paesi occidentali, da alcuni anni è stata introdotta nella Polizia di Stato ed impiegata con successo in eventi di servizio particolarmente gravi. Alla luce di ciò, si deve al riguardo auspicare un maggiore impegno da parte dell’Amministrazione affinché questa figura sia più conosciuta e sistematicamente impiegata.

Di fronte ad un evento traumatico di servizio, gli operatori di polizia devono essere seguiti nel processo di normalizzazione dell’esperienza vissuta, senza assumere nei loro confronti atteggiamenti “fiscali”, ma di supporto e protezione, che in alcuni casi può anche configurare l’allontanamento temporaneo dal servizio o l’impiego in settori ed attività diversi dai precedenti.

I colleghi, con la loro vicinanza rispettosa e solidarietà autentica, possono rappresentare una notevole risorsa, anche attraverso l’attenzione a cogliere indicatori di evoluzioni sfavorevoli che rendono necessario un intervento professionale specifico.