Con questo volume l’autore ha inteso richiamare l’attenzione di quanti hanno a cuore il benessere psichico degli operatori di polizia sulla complessa e dolorosa problematica del suicidio in divisa.
Il volume rappresenta la prima opera organica che appare nel nostro Paese con l’obiettivo di affrontare a viso aperto ma pacatamente una tematica che per vari motivi assume – quando riguarda personale delle Forze di Polizia – risonanze sui generis tali da ostacolare di fatto un approccio piano e razionale al fenomeno con finalità di studio e prevenzione.
Il testo scritto con passione, equilibrio e rigore scientifico da chi – vestendo ancora i gradi – vive e lavora da molti anni gomito a gomito con i poliziotti, è stato arricchito dal resoconto – sobrio ma al contempo illuminante – di diversi percorsi suicidari battuti da uomini e donne in divisa.
Il tema è stato trattato utilizzando due registri e stili espositivi: quello scientifico, indispensabile per affrontare lucidamente ed equilibratamente un fenomeno così complesso, e non correre il rischio di cadere nel pressappochismo o nel riduzionismo manicheo, e quello narrativo-divulgativo, essenziale per attivare il “motore” emozionale di quanti – dentro e fuori le Forze di Polizia – nutrono interesse, sensibilità o curiosità per l’argomento.
L’opera risulta organizzata in tre parti, precedute dalla Prefazione del Prof. Roberto Tatarelli – già Professore Ordinario di Psichiatria, Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria presso Sapienza Università di Roma e Direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale S.Andrea di Roma, dalla Presentazione della Professoressa Anna Maria Giannini – Professore Ordinario di Psicologia e Direttore del Master in Psicologia Giuridica e Forense presso Sapienza Università di Roma, dai Ringraziamenti dell’autore agli illustri accademici che hanno rappresentato il punto di riferimento scientifico ed ispirato l’architettura dell’opera, oltre che ai valenti colleghi medici e psicologi con cui ha condiviso negli anni passati il suo impegno professionale, e dall’Introduzione che illustra il percorso genetico dell’opera.
La prima parte dal titolo: Il suicidio nello specifico ambito delle Forze di Polizia – che si apre con il Pathos in cui l’autore declina il vissuto emozionale che ha ispirato e impronta il testo, ed un Prologo: Ci vediamo nell’aria… che vede il resoconto del primo omicidio-suicidio ad opera di una donna poliziotto che trascina nell’abisso della morte anche la vita che ha generato – si compone di sei capitoli.
Il Capitolo I – Essere un poliziotto aumenta il rischio di suicidio? affronta la domanda che, a torto o ragione, viene posta in modo più ricorrente rispetto al suicidio in divisa, attraverso la disamina delle tesi a favore e sfavore circa la maggiore frequenza del fenomeno nelle Forze di Polizia. Dopo aver focalizzato alcuni aspetti di assoluta rilevanza nell’approccio metodologico al problema, vengono esaminati gli studi effettuati in Nord-America ed in Europa rinvenibili nella letteratura scientifica, e presentati i pochi dati ufficiali italiani relativi alle tre maggiori Forze di Polizia a competenza generale.
Il Capitolo II – Le teorie sul suicidio nelle Forze di Polizia illustra le teorie che vari autori, ad iniziare da Sigmund Freud, hanno proposto per individuare le dinamiche motivazionali peculiari del suicidio in divisa, ed in particolare viene esposta l’ipotesi interpretativa avanzata da John M. Violanti, uno studioso statunitense che si è particolarmente dedicato allo studio di questo fenomeno.
Il Capitolo III – L’autopsia psicologica presenta la struttura concettuale di questa metodologia attraverso l’evoluzione storica che la procedura ha avuto a partire dall’opera del suo iniziatore: Edwin S. Shneidman. Viene inoltre esposto il modello specificamente adottato dalla Polizia di Stato per realizzare la ricerca riportata nel capitolo successivo.
Il Capitolo IV – Una ricerca effettuata nelle Forze di Polizia con lo strumento dell’autopsia psicologica illustra sinteticamente i risultati di una ricerca realizzata con questa metodologia relativamente ai suicidi occorsi nella Polizia di Stato nel triennio 2003-2005, già presentata in un Seminario tenutosi a Roma nel Novembre 2008 presso la Scuola Superiore di Polizia.
Il Capitolo V – Un esempio di autopsia psicologica riporta in modo assolutamente anonimo il resoconto di un’autopsia psicologica effettuata nell’ambito della precedente ricerca per evidenziare le sue potenzialità nella focalizzazione della dinamica suicidaria.
Il Capitolo VI – Traiettorie suicidarie di uomini e donne in divisa presenta sette storie suicidarie emblematiche di operatori di polizia, anche se non esaustive, dei molteplici percorsi che possono esitare nella scelta autosoppressiva, proteggendo rispettosamente la riservatezza dei loro protagonisti e dei terzi coinvolti, con lo scopo propedeutico di disporre il lettore ad una più profonda comprensione di aspetti del fenomeno suicidario trattati in capitoli successivi.
La seconda parte dal titolo: Il suicidio nei suoi aspetti generali, che inscrive e declina il fenomeno nel più vasto ambito sociale e culturale generale, si articola in sei capitoli.
Il Capitolo VII – Definire il suicidio illustra lo sviluppo del termine, la sua progressiva caratterizzazione concettuale nel tempo e le domande – per cui ancora non sono state codificate risposte esaurienti – circa i limiti e l’estensione da attribuirgli.
Il Capitolo VIII – Epidemiologia del suicidio si propone di fornire un quadro dimensionale del fenomeno sia sotto il profilo dell’epidemiologia descrittiva che nella prospettiva dell’epidemiologia costruttiva. In particolare viene esaminata la situazione italiana analizzandola anche sul versante della distribuzione socio-geografica del fenomeno.
Il Capitolo IX – Comprendere il suicidio prospetta la differenza sostanziale dell’approccio “comprensivo” rispetto a quello “esplicativo”, sulla falsariga del pensiero di Karl Jaspers, focalizzandosi sul concetto di “psichache”, il tormento della psiche, proposto da Shneidman, oltre che di “hopelessness”, l’assenza di aspettative positive per il futuro, e “helplessness”, la sconsolante certezza di non poter ricevere aiuto da nessuno, sottolineati da A. Beck.
Il Capitolo X – Il percorso suicidario illustra l’escalation della spinta autosoppressiva attraverso i quattro momenti della fantasia suicidaria, dell’ideazione suicidaria, del progetto suicidario e della condotta suicidaria.
Il Capitolo XI – Spiegare il suicidio affronta il tema impegnativo delle chiavi di lettura del gesto suicidario: i paradigmi medico-psichiatrico, psicologico e sociologico, ed inoltre propone i dati derivanti dalle ricerche neurobiologiche e genetiche.
Il Capitolo XII – I fattori di rischio suicidario presenta le più importanti proposte classificatorie relative ai numerosi fattori che, embricandosi fra loro, giocano un ruolo rilevante nel determinare il soggetto alla condotta suicidaria.
La terza parte, dal titolo La prevenzione del suicidio nelle Forze di Polizia, rappresenta il cuore pulsante e propositivo del testo in quanto si proietta concretamente sulle prospettive della prevenzione primaria, secondaria e terziaria nello specifico contesto umano a cui l’opera si rivolge. A tal fine è stata arricchita di numerosi spunti “formativi” che più direttamente, insieme a quelli diffusamente disseminati nel testo, hanno l’ambizione di poter essere utilizzati da parte di professionalità adeguate come strumenti per veicolare in tutti i luoghi e momenti opportuni la progressiva attenzione ed introduzione all’argomento. Si compone di tredici capitoli, e di un Epilogo: Un giorno perfetto , in cui viene proposta la vera storia della “rinascita” di una survivor – una poliziotta a cui l’ex marito ha ucciso le due figlie prima di suicidarsi – la cui intestazione richiama l’omonimo romanzo di Melania Mazzucco, trasposto poi in film da Ferzan Ozpeteck con lo stesso titolo, in cui viene narrata la vicenda assolutamente sovrapponibile di un poliziotto che si suicida dopo aver ucciso i due figli.
Il capitolo XIII – La prevenzione primaria definisce i confini concettuali che la caratterizzano, ed i limiti operativi che le sono propri, sottolineando peraltro l’importanza del periodo della formazione di base come momento strategico per affrontare con i poliziotti in pectore il delicato argomento. Viene proposta, fra le altre figure professionali idonee ad affrontare i temi coinvolti, quella del “pari” e viene presentata a scopo esemplificativo la narrazione autografa dell’esperienza di servizio di uno di essi per illustrarne le potenzialità in contesti “educativi”.
Il Capitolo XIV – La formazione per sviluppare resilienza: cosa e come comunicare propone la definizione di questo termine, oltre che alcune riflessioni e spunti circa lo sviluppo di una strategia per potenziarne lo sviluppo in ambito formativo. Viene inoltre presentato il testo della lettera aperta indirizzata nel 2006 dall’allora Comandante Generale della Guardia di Finanza a tutti i finanzieri in cui si proponevano riflessioni e tracciavano linee di indirizzo per la prevenzione del suicidio nello specifico contesto.
Il Capitolo XV – Miti e realtà sul suicidio e dintorni presenta alcune convinzioni errate, diffuse sia nella società in generale che nello specifico contesto delle Forze di Polizia, che risulta essenziale correggere al fine di impedire il perpetuarsi di false credenze che, di fatto, ostacolano la possibilità di prevenzione del suicidio.
Il Capitolo XVI – Riconoscere i segnali di allarme propone un elenco certamente non esaustivo ma significativo di segnali verbali e comportamentali che possono far intuire i propositi anticonservativi del collega che sta progettando il suicidio.
Il Capitolo XVII – La prevenzione secondaria puntualizza il significato del termine traducendolo nello specifico contesto, proponendo contemporaneamente strategie ad hoc da adottare per gli operatori a rischio. Tra questi vengono individuati i soggetti con precedenti patologie psichiatriche rientrati in servizio, coloro che hanno subito eventi professionali a carattere psicotraumatico, i soggetti in preda ad una crisi emozionale, e si prospetta l’attivazione di una help-line dedicata per coloro che si trovassero a vivere un malessere che rischia di trasformarsi in uno scompenso comportamentale.
Il Capitolo XVIII – Eventi critici e stress traumatico nelle Forze di Polizia introduce il lettore nel complesso ambito degli effetti psichici causati dagli eventi critici di servizio, e per sottolinearne le gravi potenzialità patogene viene presentato un raro caso di suicidio post-traumatico messo in atto nel 1984 da un operatore di polizia alcune ore dopo aver prestato lungamente soccorso nel contesto di una strage di matrice terroristica.
Il Capitolo XIX – La sindrome del burnout nelle Forze di Polizia illustra gli elementi sintomatologici costitutivi di questo quadro conseguente a stress cronico, ne prospetta le ipotesi genetiche riferite allo specifico contesto e presenta a titolo esemplificativo il testo di un messaggio di suicidio anticipato scritto da un giovane operatore di polizia profondamente deluso dalla propria esperienza professionale.
Il Capitolo XX – La crisi emozionale definisce il significato da attribuire al termine e le sue potenzialità evolutive in ambito psico-comportamentale, presentando, attraverso lo scambio di sms occorso in limine mortis, il caso di un evento suicidario relativo ad un giovane poliziotto che si toglie la vita al culmine di una tempesta emotiva conseguente ad un evento oggettivamente non grave, ma vissuto con un profondo senso di vergogna e timore per le sue conseguenze giuridiche.
Il Capitolo XXI – La prevenzione terziaria si occupa di definire le sue limitate ma tangibili prospettive nello specifico contesto, introducendo il tema del lutto conseguente agli eventi suicidari e le prospettive di interventi volti a contenerne gli effetti.
Il Capitolo XXII – I sopravvissuti del suicidio affronta in modo sistematico la problematica dei survivor, includendo nel termine non solo i familiari e gli amici del defunto, ma anche la più stretta cerchia dei colleghi, i sanitari ed i diretti superiori, ed illustrando gli effetti che si determinano in questi soggetti oltre che nell’ambiente lavorativo. Viene posto il problema della supervisione di stretti familiari del soggetto che si è tolto la vita eventualmente presenti nella stessa o in altre Forze di Polizia, anche alla luce dei risultati degli studi genetici sul suicidio. Viene presentato il testo di una riflessione di un survivor in divisa in seguito al suicidio di un collega per evidenziare aspetti tipici del vissuto degli operatori di polizia rispetto a questa tipologia di eventi.
Il Capitolo XXIII – La figura del pari nelle Forze di Polizia è dedicato alla presentazione di questa figura introdotta da un decennio nel nostro Paese dalla Polizia di Stato sulla falsariga delle esperienze di altre Polizie occidentali, tracciando la storia del progetto formativo e della sua applicazione sul campo, oltre che delle potenzialità e dei confini operativi nell’ambito del supporto a colleghi in grave difficoltà emotiva. Per meglio comprendere il ruolo esercitato in contesti di natura psicotraumatica viene presentato il resoconto del primo intervento storicamente effettuato da un team di supporto integrato dalla figura del pari, a seguito di un evento di servizio occorso nel 2003.
Il Capitolo XXIV – Breviario di automutuoaiuto si propone di presentare le domande più sensibili che ruotano intorno la tematica del suicidio negli ambienti delle Forze di Polizia, offrendo delle risposte dirette e volte a fornire elementi concreti su cui indirizzare il proprio comportamento a sostegno di colleghi in difficoltà con cui si venga a contatto, sottolineando il concetto della autentica solidarietà come essenziale risorsa di rete per affrontare lo specifico fenomeno.
Il Capitolo XXV – La ricerca sul suicidio nelle Forze di Polizia evidenzia l’assoluta necessità di raccogliere sistematicamente i dati approfonditi relativi ai casi suicidari occorsi nelle varie Forze di Polizia, costituendo un Osservatorio Nazionale sul fenomeno presso il Ministero dell’Interno, traccia alcune linee guida su cui la ricerca dovrebbe indirizzarsi per rispondere a domande cruciali ai fini della prevenzione, prospetta specifiche modalità di raccolta delle informazioni, ed auspica l’iniziativa di un primo convegno nazionale sul fenomeno.
Le Conclusioni risultano il capitolo del testo più difficile da affrontare e dove l’autore cerca di proporre lucidamente alcune riflessioni cardine sul fenomeno alla luce degli studi sull’argomento e della sua specifica esperienza nel settore. Innanzitutto torna sulla querelle circa il maggiore o minore tasso suicidario negli operatori di polizia rispetto alla popolazione generale omologabile, e pur concludendo per l’impossibilità attuale di una risposta definitiva riflette sul fatto che gli operatori di polizia devono essere considerati una popolazione di lavoratori sana e selezionata, per cui tassi identici o solo relativamente inferiori rispetto alla popolazione generale omologabile dovrebbero essere considerati di fatto “tassi relativi maggiori”. Alla luce di questa considerazione propone tre elementi costitutivi della professione di poliziotto in grado di giustificare il riscontro di un plus: la disponibilità continuativa di un’arma da fuoco, il maggior rischio di subire anche a distanza di tempo gli effetti di eventi psicotraumatici e del logoramento da burnout, gli stili di gestione dello stress tipici degli operatori di polizia che spesso si rivelano inadatti ad affrontare le tempeste emozionali che le sfide della vita affettivo-relazionale propongono, sostanzialmente in linea con l’ipotesi proposta da Violanti. Viene sottolineata inoltre la non trascurabile proporzione di agiti che si declinano come suicidio-omicidio e si connotano in alcuni casi anche per la possibilità che le Istituzioni, a causa dell’operato giudicato colposo di loro appartenenti, vengano chiamate a rispondere giuridicamente di quanto avvenuto. Viene inoltre sfatato il mito dell’assoluta pervasività della matrice psichiatrica alla base del fenomeno, alla luce di considerazioni di natura teorica oltre che delle caratteristiche di questa popolazione che, come detto, si distingue in generale come sana e selezionata. Nella prospettiva della maggiore prevenzione possibile del fenomeno, il testo si chiude con il forte richiamo alla responsabilità di tutti gli attori che interagiscono nel complesso “universo polizia”: le Istituzioni a cui i loro appartenenti fanno capo, le Organizzazioni Sindacali o assimilate che li rappresentano, le Famiglie in cui vivono, i Superiori, Colleghi e Collaboratori con cui quotidianamente lavorano, i Cappellani a cui è affidata la loro assistenza spirituale, i Medici e gli Psicologi più direttamente preposti a preservare la loro salute.
Felix B. Lecce, presidente di AIGESFOS-APS